Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà se c'è qualcosa da spartire tra un prigioniero e il suo piantone che non sia l'aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione che non sia l'aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione.
È cominciata un'ora prima e un'ora dopo era già finita ho visto gente venire sola e poi insieme verso l'uscita non mi aspettavo un vostro errore uomini e donne di tribunale se fossi stato al vostro posto... ma al vostro posto non ci so stare se fossi stato al vostro posto... ma al vostro posto non ci sono stare.
Fuori dell'aula sulla strada ma in mezzo al fuori anche fuori di là ho chiesto al meglio della mia faccia una polemica di dignità tante le grinte, le ghigne, i musi, vagli a spiegare che è primavera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera.
Tante le grinte, le ghigne, i musi, poche le facce, tra loro lei, si sta chiedendo tutto in un giorno si suggerisce, ci giurerei quel che dirà di me alla gente quel che dirà ve lo dico io da un po' di tempo era un po' cambiato ma non nel dirmi amore mio da un po' di tempo era un po' cambiato ma non nel dirmi amore mio.
Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d'obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni.
E adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali tranne qual è il crimine giusto per non passare da criminali. Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame.
Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va abbiamo deciso di imprigionarli durante l'ora di libertà venite adesso alla prigione state a sentire sulla porta la nostra ultima canzone che vi ripete un'altra volta per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti. Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti.
VIDEO DELLA CANZONE
Per capirne il senso, bisogna considerare che è il brano finale dell'album “Storia di un impiegato” del 1973.
Un concept che De André non amava affatto, perché oscuro nel linguaggio e troppo politico rispetto alla prospettiva, più intimamente esistenzialista, che lui avrebbe voluto seguire.
Vi si narra la vicenda umana di un impiegato, ritroso, individualista e ribelle, durante gli anni delle rivolte studentesche del 1968.
Una metafora impietosa del rapporto fra dimensione individuale, sistema sociale, senso di giustizia, viltà umana e istinto alla ribellione a ciò che è costituito e in cui non ci si riconosce più. A ciò che non è possibile correggere e di cui non ci si può liberare, perché ogni ordine richiede anche un potere che lo imponga e lo faccia rispettare, ma ogni potere si rigenera e si ripropone, sempre uguale a se stesso, dopo ogni ribellione.
E' proprio l'impiegato il protagonista della canzone, che parla in prima persona da carcerato. Colui che si è ribellato all'ordine socio-politico, contestando, da idealista ingenuo e sprovveduto, il concetto stesso di potere ed i suoi simboli e valori di riferimento.
Timoroso e diffidente verso la rivolta studentesca (il maggio francese) decide di adottarla in forma violenta: immagina l'annientamento dei riferimenti culturali più “sacri” (comprese le figure dei genitori) durante un “ballo mascherato”, diviene bombarolo ma fallisce, rivive l'incubo di un “nuovo” potere uguale al precedente (nel quale rivede se stesso come suo padre), finché viene tradito e abbandonato dalla sua compagna. Infine, incarcerato, deve prendere atto che la sua reazione-azione, timorosa e violenta, non ha prodotto nulla di positivo.
Perciò l'impiegato, ora detenuto, non vuole e non può identificarsi nei suoi secondini: li vede strumenti di ciò che ha determinato il suo fallimento e non vuole condividere con essi neanche l'aria.
Per lui l'ora d'aria è solo un'illusione di fugace libertà posticcia (è cominciata un'ora prima e un'ora dopo era già finita...), ma ha la conferma che il sistema che ha combattuto è ancora lì, come sempre, a condannare anche gli innocenti (non mi aspettavo un vostro errore...).
In quella straziante delusione, egli riflette su se stesso, quasi estraneato dalla realtà (...in mezzo al fuori anche fuori di là...). Affronta i dubbi sulla sua dignità di uomo rispetto a ciò che ha fatto (ho chiesto al meglio della mia faccia...di dignità), sulla condizione di detenuto (...vagli a spiegare che è primavera... e poi lo sanno...). Soffre ancora, ricordando la donna che l'ha abbandonato, divenendo (grazie a lui) figura del “circo mediatico” (si sta chiedendo...si suggerisce...da un po' di tempo era un po' cambiato, ma non nel dirmi amore mio).
Infine capisce il suo errore: la sua violenza è scaturita dalla violenza propria del sistema stesso, più forte, protratta, subdola e metodica (...una ginnastica d'obbedienza...), ma ogni sistema prevede una forma di potere che, in quanto tale, non potrà mai essere buona (...da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni). Lottare per un'altra “nuova forma di potere” non aveva quindi senso, perché “non ci sono poteri buoni”. E' la disillusione definitiva, la presa di coscienza del fallimento suo e di chiunque volesse riprovarci in futuro.
La penultima strofa descrive un impiegato rassegnato ma non rinunciatario, il cui pensiero è ancora alla ricerca di una (im)possibile soluzione (imparo un sacco di cose...tranne qual è il crimine...per non passare da criminali...ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame).
La canzone chiude con una chiamata in causa dei distratti, degli indifferenti, degli apatici che si ritengono estranei ad ogni responsabilità: “per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti”.
Sono stato querelato da Giorgia Meloni per una vecchia puntata di Contiene Parolacce del 2021. A quanto pare, pronunciare parole di una gravità inaudita quali “puzzona”, “peracottara” o “caccolosa” ti fa finire in tribunale. Possiamo dedurne quindi che Giorgia Meloni è una persona fragile e delicata, e non l’urlatrice rabbiosa e aggressiva che pensavamo, quella è solo una facciata: la vera Giorgia Meloni è stata ferita nei suoi sentimenti da paroline che non offendono più nessuno manco in terza elementare, e ci è rimasta così male che mi ha trascinato in tribunale e mi ha chiesto un risarcimento di 20mila euro. Chiedo scusa a tutti gli italiani, perché se mai la Meloni avesse fatto qualcosa di brutto durante il suo governo, è colpa mia che l’ho traumatizzata. È uno scandalo che riguarda tutti, perché se “puzzona” diventa querelabile, non le si può più dire nulla, perché qualsiasi critica è più grave di “puzzona”. Un capo di governo che se la prende con un artista indipendente, per una scemenza del genere poi, fa una mossa vigliacca, perché è molto comodo schiacciare un pesce piccolo con la pressione di un processo, che costa parecchi soldi e mette parecchia ansia, sperando di crearsi facilmente un precedente per attaccare il DIRITTO DI SATIRA GARANTITO DALLA COSTITUZIONE. E guardate che il diritto di satira non è solo mio, è soprattutto il VOSTRO DIRITTO, Perché la censura non serve a togliere agli artisti la libertà di esprimersi, serve a togliere ai cittadini la libertà di ascoltare gli artisti! Mi difendo in tribunale e intanto continuo a fare il mio lavoro, perché “non sono ricattabile e non mi faccio intimidire” (cit), ci vediamo a teatro, finché non vorranno toglierci anche quello.
ABBIAMO META' DELLE PALE SULLA TERRA, FERME O SCOLLEGATE ALLA RETE E PARLAMENTARI LADRI PER PSERPERARE DENARO PUBBLICO O FORSE SERVIRE I CORRUTTORI DEI LORO PARTITI DECIDONO DI PIAZZARNE ALTRE INUTILI MIGLIAIAI NEI MARI: VANNO FERMATI PRIMA CHE LO SCEMPIO SIA ULTIMATO
ULTIMO LADRO NEI PARLAMENTI DI TUTTO IL MONDO
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L'Intervento del Presidente del CiaoRino alla trasmissione di Radio24 la Zanzara